The Fighters – Addestramento di vita

Gio 26/11 ore 20.30
Ven 27/11 ore 20.30

Cineforum, ingresso anche con biglietto.

Un film di Thomas Cailley. Con Adele Haenel, Kévin Azaïs, Antoine Laurent, Brigitte Rouan, William Lebghil.
Commedia, durata 98 min. – Francia 2014.

“Folgorante opera prima che mescola i generi e si caratterizza per un’ironia morbida e i dialoghi pieni di un umorismo acido”

«Disarm you with a smile and cut you like you want me to […] the killer in me is the killer in you – my love. I send this smile over to you» (William Corgan, Smashing Pumpkins. Siamese Dream, 1993).
La fine del mondo, ovvero per come lo conosciamo.
La fine del mondo non riguarda epidemie, guerre di religioni o altri scenari apocalittici, perlomeno non in senso letterale, ma parla ad un età dell’uomo prossima ad addentrarsi in quella foresta che è la vita adulta: se il sentiero è allora impervio e per paura di essere assaliti lo si cosparge di trappole, è soprattutto lo spazio attorno che assume la fisionomia di una perdita, percorso da flussi di vuoto che corrono tra gli alberi, visioni di un futuro incerto, minaccioso, indecifrabile.
Spesso, per tentare di afferrare il vuoto, si vaga alla ricerca di un significato, un nome col quale chiamare e identificare prima di tutto il proprio essere al mondo, il trovarsi qui, ora, circondati dalla sicurezza di un eterno presente che all’improvviso si scopre inadatto e sempre abilmente dissimulatore. Spiega il regista, qui al suo esordio: «Per scrivere il film il produttore mi ha obbligato a fare uno stage di addestramento militare esattamente come fanno i miei due giovani protagonisti. L’ho frequentato con molto piacere, c’era una trentina di partecipanti dai 18 ai 26 anni; li ho osservati bene, molti di loro cercavano valori e un significato alla vita, ma in quel contesto faticavano a trovarlo».
Madeleine persiste all’interno di quel vuoto, vi ricama una vita a cui aspira e in cui ripone speranze, ma che in realtà non conosce: non ne conosce l’insensatezza e non percepisce il suo stesso senso di inadeguatezza.
Armand, come lei, sta cercando qualcosa, i suoi occhi sono ancora più offuscati ma riesce subito a vedere «al di là delle cose»: il suo primo, vero incontro con i militari avviene di notte ed ha più la fattezza di un sogno, isolato dalla realtà e interno ai movimenti del ragazzo; l’esperienza saprà insegnargli ad attraversarlo e a modellarlo per sé, e se l’educazione militare è un tentativo di appianare la superficie del visibile, il suo sguardo, perso a scrutare un altrove al di là del mare, giungerà a plasmare la profondità del suo esistere; le sue dita, occupate a truccare il volto della ragazza per renderlo mimetico ed audace, toccheranno invece la superficie di un possibile futuro: da quel momento «tutto sparisce», e il vero addestramento sarà la sensazione dell’amore.
Les combattants (The fighters – Addestramento di vita, Thomas Cailley, Francia 2014) si può dividere idealmente in tre parti, più un epilogo: la prima è ambientata nella cittadina nella quale vivono Armand e Madeleine, destinati a incontrarsi, la seconda tratta del corso di sopravvivenza al quale i due partecipano, la terza isola i ragazzi in un’esperienza selvatica e sentimentale all’interno della foresta.
Nel corso dei tre atti, motivo ricorrente è quello del fuoco: l’incendio è prima evocato, quando Madeleine, all’interno dell’officina di falegname della famiglia di Armand, s’immagina con un misto di paura e feroce curiosità cosa succederebbe se si diffondesse il fuoco lì dentro; poi visto, dal finestrino del treno è un’ enorme nuvola di fumo nero che sovrasta un bosco lungo la ferrovia; e infine vissuto, quando i due si trovano immersi in quella stessa nube nera che prima avevano solo intravisto da lontano.
La distruzione è ora devastatrice ora purificatrice: nel discorso di Armand sembra che la foresta sia un grosso organismo che si gonfia fino alla sazietà, per poi, tramite il fuoco, autodistruggersi e potersi così rigenerare. Forse tale è la vita dell’uomo, che «somiglia un poco alla malattia per come procede per crisi e lisi»: ma «a differenza di altre malattie la vita è sempre mortale» (Italo Svevo, La coscienza di Zeno, Dall’Oglio editore, Milano 1938, p. 479); forse tali allora sono le vite di Armand e di Madeleine, i cui volti, che spesso al termine di una sequenza vengono inquadrati insieme in primissimo piano, si avvicinano sempre più, nel corso del film, ad un senso di implosione interna, chiudendosi e recidendo i legami col mondo, pronti a viverne la catastrofe e però in grado di uscirne, anche se feriti e scossi: ma «la prossima volta non succederà, perché saremo preparati, non ci faremo sorprendere».
Armand è un ragazzo che ha appena perso il padre e di fatto si accinge a sostituirlo, proseguendo il lavoro nell’azienda di famiglia, in un sentiero già tracciato, diritto e noioso; Madeleine, di cui è stato scritto che ribalta lo stereotipo sessuale in quanto è il personaggio più ruvido e tetragono mentre ad Armand spettano la fragilità, la dolcezza e la sensibilità che potrebbero appartenere ad un personaggio femminile, è in realtà, da un certo punto di vista, emblema del femminino, in quanto apportatrice di tutto quel gorgo di mistero e densità enigmatica che contraddistingue la donna. «Le donne sono delle maghe?», si chiedeva Truffaut, ed è proprio quell’essere magicamente inafferrabile, pur imprigionato in un corpo a tratti più mascolino che femminile, che attrae Armand; da lì, egli deraglia, abbandona il percorso già tracciato per lui da altri, e vi ricerca il proprio, seguendo semplicemente il palpito del sentimento.
A volte l’amore è la ricerca di un tesoro privato, nascosto, di cui si ama addolcire i contorni e alleggerire il peso, intuendone l’unicità e scoprendo la tenerezza della sua solitudine.
Sembra, anni dopo, di incontrare nuovamente i giovani protagonisti del film di Wes Anderson Moonrise kingdom (Moonrise kingdom – Una fuga d’amore, USA 2012), il suo lungometraggio forse più tenero e innocente, che vede proprio nella fuga dalla civiltà un motivo di passaggio, tratteggiato con infantile ingenuità.
Se Madeleine prima nuota severa con dei pesi sul dorso nella piscina di una villa in espansione, poi, nel verde della foresta, sembra provare un senso di piacere lievemente inebriante immergendosi nell’acqua fresca di un luogo a lei nuovo e selvaggio.
Armand le insegna a rilassare i nervi e i muscoli, la mente ed il corpo, a conoscere il valore del tempo, a fondersi con esso e a centellinare il presente; tutto si distende, e prende il sapore di un attimo che si ferma e si lascia riempire, spogliandosi della sua gravità.
I tre brani nei quali è divisa la storia scandiscono anche la via progressiva alla natura e alla conoscenza di sé.
Davanti a loro si staglia il futuro, una prova molto ardua che inizieranno a considerare. Prima che la neve si trasformi in cenere. Prima che la bufera li colga impreparati.

Marco Sottoriva, Cinema Campana