L’Ape Maia – Il Film

Dom 26/10 ore 15.00 17.00

Un film di Alexs Stadermann. Con Coco Jack Gillies, Kodi Smit-McPhee, Richard Roxburgh, Justine Clarke, Miriam Margolyes.

 Animazione, durata 79 min. – Australia 2014.

“Più snella e più star, ma in fondo la solita ribelle. L’Ape Maia va…”

Ci sono le api operaie, che svolazzano indaffarate tutto il giorno, c’è l’ape regina, che comanda l’esercito e prospera grazie alla pappa reale, e poi c’è l’Ape Maia, che non ha bisogno di presentazioni a meno di non venire da un altro pianeta. Troppo curiosa e anticonformista per vivere chiusa nell’alveare, Maia vola quotidianamente alla scoperta delle infinite sorprese del prato, al seguito di Flip, affascinante cavalletta vagabonda, e sempre in compagnia di Willy, l’amico più fifone nonché il più caro.
Nata più di un secolo fa dalla penna del tedesco Waldemar Bonsels, l’Ape Maia è entrata ronzando nelle case di tutto il mondo attraverso il tubo catodico grazie alla serie di cartoni animati giapponesi che ha debuttato alla metà degli anni Settanta e da allora, anche in Italia, non è mai più uscita dallo schermo. Il recente rifacimento in computer grafica ha anticipato di poco l’uscita di questo lungometraggio, che narrativamente prende a pretesto la lotta secolare tra api e calabroni per ribadire l’innata apertura della piccola Maia verso gli altri insetti e la sua ben riposta fiducia nel prossimo (che si sostituisce sottilmente alla precedente naïveté). Complica opportunamente le cose una piccola linea gialla, nella quale Maia sventa un complotto ai danni della regina, dimostrando di possedere le qualità ideali per assurgere forse un giorno al ruolo di leader o in ogni caso una regalità d’animo che ne fa immediatamente l’eroina del film e del suo giovane pubblico.
Persa l’aura vintage che colorava il ricordo della sua compagnia quotidiana nelle menti di più di una generazione, la nuova Ape Maia non perde la vivacità che è il suo marchio di fabbrica (anche se oggi, forse, bisognerebbe chiamarla ipercinetismo) né l’altruismo, che è il motore principale delle sue avventure morali. Ha occhi più grandi, fisico più snello (!), acconciatura più sbarazzina, ma conserva la voce (di Antonella Baldini) infantile senza essere bisbetica. Cambiano, inoltre, il ritmo delle scorribande (che relega le puntate d’antan nella categoria dei sonniferi) e i temi sfiorati. Alla scoperta della natura e dell’”umanità” che la abita, si sostituisce qui il discorso più contemporaneo e narcisista sull’identità (“Che ruolo ho io?”), sulla falsariga di quanto già sperimentato dalla Disney con Trilli. Non manca, infine, un’impollinata d’ironia: alla politica guerrafondaia dell’ambiziosa Ronzelia, nascosta dietro l’alibi della sicurezza nazionale dell’alveare da garantire ad ogni costo, Maia risponde con la disobbedienza non violenta: il più sincero, in fondo, dei ritorni alle origini.
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