Un insolito naufrago nell’inquieto mare d’Oriente

Gio 13/11 ore 20.30
Ven 14/11 ore 20.30
Cineforum, ingresso anche con biglietto.

Un film di Sylvain Estibal. Con Sasson Gabay, Baya Belal, Myriam Tekaïa, Gassan Abbas, Khalifa Natour.

 Commedia, durata 98 min. – Francia, Germania, Belgio 2011.

“Il conflitto arabo-israeliano diviene una commedia, una satira, un sussurro d’umanità”

Un insolito naufrago nell’inquieto mare d’Oriente inizia con uno sguardo ravvicinato rivolto ad un pescatore palestinese mentre sta tentando di pescare qualcosa: circondato dalle acque, sferzato dal vento, Jafaar riesce a recuperare solo ciabatte, scarpe spaiate o al più piccole sardine.
I pescatori israeliani hanno il diritto di navigare in mare aperto, mentre quelli palestinesi non possono allontanarsi dalla costa, e subiscono le ingiurie di un mare oltraggiato dall’inquinamento degli uomini.
Tutto il film, che si regge sull’esile e trasognata tessitura di una commedia mediorientale con un leggero stampo francese quale potrebbe essere anche il recente E ora dove andiamo? (Et maintenant, on va où?, Nadine Labaki, 2011), affronta la rivalità tra Israeliani e Palestinesi in maniera caparbia, coraggiosa ed equanime, senza risparmiare strali di acuta e perseverante satira né agli uni né agli altri.
Se infatti gli Israeliani appaiono come degli invasori, protetti dalla presenza delle autorità, provoca un senso di pietoso smarrimento il personaggio di Jafaar, scelto suo malgrado per immolarsi a martire, perfino inducendolo con violenza psicologica ad un lento ed estenuante gesto suicida nascosto a tutti e velato da false mitologie costruite ad arte: il martirio, conseguenza di un’ideologia deformata dalla teocrazia, rappresenta la strisciante oppressione che un potere iniquo e famelico impone al popolo, strumentalizzando gli individui più fragili; il summenzionato tono satirico appare più spiccatamente quando Jafaar fugge dalla sua ferale prigionia, e viene rincorso da frotte di musulmani – tra cui addirittura un bambino – che invocano l’autografo dell’eroe-celebrità.
E nonostante il tono leggero, a volte fin troppo caricato come per il personaggio del funzionario tedesco, Un insolito naufrago nell’inquieto mare d’Oriente si rivela un film dal profondo e sincero messaggio umanista in grado di trascendere situazioni particolari per librarsi su una sentita rivendicazione antimilitarista e pacifista; a questo proposito risulta centrale l’allegoria delle telenovelas brasiliane che la donna palestinese e il soldato israeliano amano guardare: simbolo stesso e significazione del film, le telenovele portano sullo schermo coppie, ovvero persone legate fra loro da vicinanza umana, che litigano continuamente.
«Lo sa come finisce?» chiede il soldato alla donna; «Smettono di litigare e tornano a vivere assieme»; perché, riferendosi al suino vietnamita per cui Jafaar si chiede se, essendo un maiale diverso da quelli occidentali, possa essere forse più puro degli altri, la moglie afferma recisamente che «i maiali sono tutti uguali, dappertutto, come gli uomini».
E in quei luoghi, dove un muro divide i popoli e corrode le tradizioni, impudentemente immemore della separazione berlinese, gli uomini accettano di vivere come ombre soffocate da un passato di guerra che permea e informa un presente lacerato e nullificato.
Nella dimensione onirica allora, verso un rinnovamento spirituale, Jafaar, protagonista di una fiaba che sembra perdere le proprie origini tra le sabbie delle Mille e una notte, concepisce il nuovo oggetto magico arrivatogli miracolosamente dall’Estremo Oriente, e finalmente il suo volto acquista l’espressione della meraviglia, mentre la sua bicicletta vola in un’estasi edenica di pura e limpida felicità: il ritorno alla condizione primaria, umorale, amniotica dell’amore fraterno e di una parola, “pace”, che risuona come eco soave nata dal sogno.
Il finale di Un insolito naufrago nell’inquieto mare d’Oriente, colmo di commossa speranza, riprende ciò che già per Kusturica aveva rappresentato l’ideale conclusione di Underground (Emir Kusturica, 1995), ovvero della tragedia iliaca della guerra: l’insolito naufrago approda in una spiaggia di un mondo nuovo, sospeso nel sogno suadente ma pregnante di un’umanità ritrovata.
Marco Sottoriva