Bota Café

Gio 8/10 ore 20.30
Ven 9/10 ore 20.30

Cineforum, ingresso anche con biglietto.

Un film di Iris Elezi, Thomas Logoreci. Con Flonja Kodheli, Fioralba Kryemadhi, Artur Gorishti, Tinka Kurti, Alban Ukaj.
Drammatico, durata 100 min. – Albania, Italia 2014.

“Regia essenziale ma non priva di grazia poetica per un ritratto di vite allo sbando sopravvissute all’orrore in epoche diverse”

Durante il Comunismo gli abitanti di un villaggio dell’Albania sono stati prelevati dalle loro case e internati nel mezzo del nulla, quando non fucilati per attività contro il partito durante la dittatura di Henver Hoxa e gettati in una palude quotidianamente scandagliata in cerca dei corpi dei dispersi. In mezzo a quella landa desolata si staglia contro il nulla il Boca Café, cinematograficamente reminescente di quel Bagdad Cafè presso cui si incontravano assortite solitudini, ma il tono della narrazione non ha nulla a che vedere con la commedia, perché è permeato di malinconica ironia. Anche nel Boca Cafè si incontrano tre anime perse – il proprietario, Beni, un trafficante quarantenne, e le due cameriere: l’amante 25enne di Beni, Nora e la cugina dell’uomo, Juli, orfana di madre e assai legata alla nonna che l’ha cresciuta.
Fra i frequentatori del Cafè ci sono un personaggio enigmatico che si presenta ogni giorno per un espresso e due addetti alla costruzione della vicina autostrada, cofinanziata dagli italiani come questo film che combina lo sforzo produttivo di Italia, Albania e Kosovo: Alla regia la giovane esordiente albanese Iris Elezi e l’albanese-americano Thomas Logoreci. Alla sceneggiatura, insieme a Elezi e Logoreci, anche Stefania Casini.
La regia è essenziale ma non priva di grazia poetica; la narrazione si compone a poco a poco come un puzzle di cui mancano ancora tanti pezzi, non per una pecca di scrittura, ma come riflesso di una situazione che affligge un’intera nazione; la recitazione è intensa e calibrata. Non è facile entrare nel mood allucinato e nelle atmosfere rarefatte di un posto in cui “non succede mai niente”, ma a poco a poco davanti ai nostri occhi si (ri)compone il ritratto di vite allo sbando sopravvissute all’orrore in epoche diverse (la nonna da adulta, Nora e Juli da bambine), e di un non luogo in cui coesistono autostrade e greggi di pecore, vetture di grossa cilindrata e gruppi di papere. Ma la pazienza dello spettatore è ricompensata dalla costruzione di una storia popolata da fantasmi e in bilico sull’oblio.
Le piccole e grandi nefandezze commesse da queste anime perse, le loro fragilità ed errori sono il risultato non tanto dell’indole personale quanto di una circostanza storico-politica che ha segnato un intero Paese e ne determina oggi l’arretratezza e lo smarrimento identitario. Non esiste un risarcimento sufficiente per un danno tanto grande e le sue vittime vivono alla giornata facendo il meglio (o il peggio) che possono. Al Bota Cafè non ci sono cattivi, soltanto (con)dannati, e una palude che inghiotte silenziosamente il scomodo passato di una nazione.