France

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Gio 21/10 ore 20.30
Ven 22/10 ore 20.30
Sab 23/10 ore 20.30
Dom 24/10 ore 17.00 20.30 

Mer 27/10 ore 20.30 VOS

Un film di Bruno Dumont. Con Léa Seydoux, Blanche Gardin, Benjamin Biolay, Emanuele Arioli, Juliane Köhler. continua»
Commedia, durata 133 min. – Francia, Germania, Italia, Belgio 2021.

“Satira sociale che mastica l’oscenità morale della nostra epoca e sputa fiele.”

France de Meurs è una stella del giornalismo che brilla su un canale di informazione e nei reportage sul Medioriente. Priva di scrupoli e di qualsiasi valore deontologico, gestisce la sua famiglia come la sua équipe, con cinismo e je-m’en-foutisme. Ma un giorno tampona Baptiste, un povero diavolo che fa consegne a domicilio, e il suo piccolo circo mediatico collassa. La depressione è dietro l’angolo, il congedo pure. France ripiega su una clinica privata e progetta la redenzione davanti alle montagne svizzere e tra le braccia di un amante occasionale.
Il tono è incerto e l’autore a disagio lontano dalla Côte d’Opale e dall’allure lunare dei suoi film precedenti, dal surrealismo e dalle risorse del burlesco. Precipitato a Parigi, pratica goffamente un registro che non gli appartiene dentro un décor altresì alieno. Naturalmente Dumont rifiuta la totalità delle convenzioni narrative e psicologiche in cui si accomoderebbero altri illustri colleghi, mantenendosi audace, rompendo i toni, finendo (letteralmente) fuori strada con ribaltamenti disastrosi, per la ‘carrozzeria’ e la narrazione.
La sequenza dell’incidente è un capolavoro di perfidia che anticipa il voyeurismo e la morbosità della cronaca nera. Tuttavia, Dumont pena questa volta a esporre, a mettere a fuoco, a denunciare e persino a riderci sopra. A dire il vero, c’è poco da ridere. Dietro la satira sociale idrofoba, resiste la sua radicalità e quell’arte singolare di spingere gli attori fuori dalla loro zona di confort. Léa Seydoux è onnipresente sullo schermo e al centro di un film in cui indossa Dior e la furbizia opportunista di una giornalista televisiva celebre e manipolatrice. La sua carriera può contare sulla sua faccia tosta, la sua bellezza e quella maniera insopportabile di abusare dei suoi ospiti o dei suoi interlocutori. Figura mondana, distribuisce autografi e lacrime, abitando un appartamento faraonico ma mai sufficientemente grande per il suo ego. Nel suo lavoro non conosce rivali, è la regina glamour delle zone di guerra, che ‘allestisce’ come un teatrino, mentendo su tutta la linea e mostrando (sempre) il suo profilo migliore.
Dumont si accanisce sull’attrice come il suo personaggio sui guerriglieri o i civili sotto le bombe, costretti a ‘posare’ come figuranti. Ma il pubblico la venera e l’autore la segue lungo il cammino della gloria che congela qualsiasi emozione e nutre un gioco di superficie, filma la ‘France’ che schianta e i reportage di cui France è l’unica eroina. Perché la protagonista considera il suo mestiere attraverso il prisma della sua gloria personale. Del resto, ‘ama’ il popolo ma disprezza il marito e il figlio.
Tra commedia satirica e melodramma grottesco, Dumont non trova la nuance e sbilancia il film. Dietro il miraggio della celebrità e della pressione dell’informazione, France si rivela sovente convenzionale, vano e un poco noioso. Pesce fuor d’acqua, si dibatte sulla terra in cerca di ossigeno. Noi di un senso compiuto che trova ragione in Léa Seydoux e nel suo statuto di star. Corpo mai così in pericolo e sembiante tirato fino alla mostruosità, per aderire meglio a quel gioco al massacro che è France, l’attrice è l’interesse maggiore di questo fotoromanzo della nazione. Mani alla gola del narcisismo e del sensazionalismo contemporaneo, promossi dai media e dai social network, il film abdica qualsiasi sfumatura o negoziazione e insegue la scandalosa vanità della sua protagonista: far coincidere il proprio dolore con quello del mondo. Il nemico è identificato, mirato e abbattuto.
Léa Seydoux, viscerale e sublime nell’alcova di Arnaud Desplechin (Tromperie), dimora algida e inumana nei piani americani di Dumont. Impossibile la discesa interiore, l’unica permessa è quella all’inferno, scortata dall’assistente cinica di Blanche Gardin, tonica e feroce comme d’habitute. Superato dalla realtà, più caricaturale della sua caricatura, France mastica l’oscenità morale della nostra epoca e sputa fiele, è volontariamente antipatico, a immagine della sua eroina, e appena meno esigente rispetto al cinema pregresso di Dumont. Più classico forse ma altrettanto difficile da afferrare. Dimora lì il suo fascino canagliesco e il suo segreto. (MYmovies)