Il gioco delle coppie

Mer 20/3 ore 20.30
Gio 21/3 ore 20.30
Ven 22/3 ore 20.30

Cineforum, ingresso anche con biglietto. Mercoledì proiezione in lingua originale sottotitolata in italiano.

Un film di Olivier Assayas. Con Guillaume Canet, Juliette Binoche, Vincent Macaigne, Nora Hamzawi, Christa Théret.
Commedia, durata 100 min. – Francia 2018.

“Un simposio di idee per un soggetto magnifico e arduo, messo in scena da un autore in stato di grazia.”

Alain è un editore inquieto che ama Selena ma la tradisce con la sua assistente, che odia l’ultimo libro di Léonard ma lo pubblica, che ama le vecchie edizioni ma ragiona sull’Espresso Book Machine. Léonard è uno scrittore ‘confidenziale’ che ama sua moglie ma la tradisce con Selena. Depresso e lunare, scrive da anni lo stesso libro ed è narcisisticamente incompatibile con la sua epoca. Tra loro fa la sponda Selena, attrice di teatro convertita alla serie televisiva. Al seno di una società upgrade e dentro un mondo divenuto virtuale, conversano, mangiano, bevono e fanno (sempre) l’amore.
Non fiction è letteralmente un simposio di idee, dialoghi e riflessioni ad alto voltaggio. L’attenzione punta ancora una volta sulla modernità (Sils Maria) e un’etnografia di comportamenti di dipendenza che ci legano ai “motori di ricerca” dove sfilano le ultime news del mondo. Su questo punto l’autore esprime una malinconia graffiante ma affatto ostile, dispiegando un doppio movimento quasi contraddittorio.
C’è al principio un adeguamento del suo cinema a tutte quelle forme contemporanee della comunicazione, successivamente, una volta apparecchiata la scenografia, Assayas ricolloca alla giusta distanza i feticci della nostra modernità, aprendo il décor a dialoghi vivi come in uno scambio di tennis, lanciando stoccate qualche volta appassionate, sovente caustiche, contro questa nuova realtà di flussi e di schermi a cui nessuno riesce più a sfuggire.
Ma se in Sils Maria i personaggi si scrivevano per SMS, si parlavano su Skype e appena facevano la conoscenza di qualcuno si lanciavano su un computer per ‘googlizzarlo’, in Non fiction questa intermediazione permanente di schermi e di reti elettroniche si converte in situazioni conviviali e luoghi rituali (brasserie, bistrot, café, salotti, cucine, camere da letto) che aiutano a vivere e a elaborare i colpi della modernità.
Alla maniera di Marc Augé (“Un etnologo al bistrot”), i protagonisti siedono ai tavolini dei bistrot parigini oscillando tra nostalgia e futuro anteriore. Aggrappati a conversazioni improvvisate e a bicchieri sempre pieni, discutono sulla meccanica del testo. Perché Alain è un editore e Léonard uno scrittore alle prese, ciascuno a suo modo, resistente o bendisposto, con le nuove tecnologie e la loro influenza sulla lettura e la scrittura. Concentrandosi sulle mutazioni forti che continuano a spostare i nostri orizzonti letterari, Non fiction fa della virtualità uno strumento romanzesco come il telefono all’inizio del XX secolo, quando il narratore di Marcel Proust temeva che la “signorina del telefono” interrompesse la sua chiamata o quando Jean Cocteau in La voce umana creava una tensione drammatica straordinaria col suo “Ne coupez pas!” in cui c’era tutta la dipendenza della relazione amorosa dal nuovo mezzo di comunicazione che faceva irruzione.
Non fiction racconta allo stesso modo un cambiamento d’epoca e di cultura, incrociandolo i cammini di creazione e di vita dei suoi personaggi, e riformula relazioni e sentimenti ai tempi dei social media. In mutazione perpetua la “forma-libro” è al centro di domande profonde e di umori fugaci, al cuore di una commedia rigorosa e di una sofferenza intima che monta al fianco di Alain, a cui Guillaume Canet presta quella sua attitudine a mettersi in pericolo, girando film autobiografici (Piccole bugie tra amici, Rock’n Roll) o cedendo al sogno americano (Blood Ties – La legge del sangue).
A servirgli la replica è il fanciullo eterno e scapigliato di Vincent Macaigne, che ai tempi della ‘tirannia dell’intimità’ cerca la sua verità in quello che esibisce. Tra loro Juliette Binoche, espressione assoluta di un’arte poliedrica ed esigente a confronto con il sorgere delle nuove star (Sils Maria) e di nuovi ruoli da giocare nell’era digitale (la lettura degli audiobooks). Senza posa Assayas passa da quello che lo tocca direttamente, ripescando qualche volta nei suoi stessi ricordi (Qualcosa nell’aria), a qualcosa che è (più) lontano da lui. E lo fa con una serenità che sconfina nella saggezza ma che lascia planare sul suo film un’inquietudine che afferra stretto lo spettatore. La solitudine fuori dai suoi bistrot è in agguato. Il mondo rassicurante dei libri, che si sciupano e assumono una fisionomia individuale secondo la voracità delle nostre letture, si trasforma, creando nuovi punti di riferimento e perdendo i vecchi. Il film cattura questi cambiamenti senza mai dire “era meglio prima”. Si tratta, sfogliando le pagine sciupate o quelle ancora intonse, di vedere passare la malinconia e di rammentarci il fluire del tempo. Un soggetto magnifico e arduo, messo in scena da un autore in stato di grazia. (mymovies)