L’albero dei frutti selvatici

Mer 19/12 ore 20.30
Gio 20/12 ore 20.30
Ven 21/12 ore 20.30

Cineforum, ingresso anche con biglietto.

Un film di Nuri Bilge Ceylan. Con Dogu Demirkol, Murat Cemcir, Bennu Yildirimlar, Hazar Ergüçlü, Serkan Keskin.
Drammatico, durata 188 min. – Turchia, Francia 2018.

“Una storia complessa che nasconde più strati di quanto la sua superficie apparentemente semplice lasci sospettare.”

Sinan si è appena laureato e torna a casa, nel villaggio turco di Can. Il suo sogno è pubblicare il manoscritto su cui ha lungo lavorato e che racconta il suo mondo in maniera fortemente personale. Ma poichè non è un racconto spendibile a scopo turistico nessuno sembra interessato a pubblicarlo. Inoltre il padre di Sinan, il maestro elementare Idris, ha accumulato debiti attraverso le scommesse sulle corse dei cavalli e i suoi creditori si rivolgono continuamente al figlio per ottenere una restituzione.
Ed è il malinconico resoconto di un comune destino per due generazioni nel contesto di una Turchia che sta cambiando volto e che continua a raccontarsi come democratica, anche se è popolata da poliziotti cui è data mano libera per compiere qualsiasi nefandezza. Anche il tentativo di Idris di scavare un pozzo insieme al proprio padre e al proprio figlio per trasformare la campagna inaridita in un posto verde è destinato a fallire, ennesima illusione di un uomo che ha sempre privilegiato la bellezza al denaro, a scapito di ogni pragmatismo.
Idris, nelle parole della moglie oberata dai debiti del marito, è una figura che suscita contemporaneamente rabbia e compassione, e anche suo figlio non può fare a meno di amarlo e allo stesso tempo disprezzarlo, temendo di riconoscersi nella sua caccia all’impossibile. Per questo Sinan cerca di superare l’esame di stato che gli consentirebbe di diventare insegnante come il padre e allo stesso tempo si sforza ostinatamente di raccogliere il denaro per pubblicare il suo romanzo, Ahlat Agaci (che significa “l’albero delle pere selvatiche”) nella speranza di ottenere quel riscatto pubblico e privato che a suo padre è mancato, ma i personaggi cui Sinan si rivolge sono anche simboli della società turca contemporanea: il politico, l’intellettuale, l’imprenditore, l’imam. Ognuno ha il suo motivo per non appoggiare le richieste del ragazzo, ma imbastisce con lui lunghissime conversazioni parafilosofiche sul valore della cultura e della religione, nonchè sulla figura dell’insegnante che dovrebbe essere di esempio in un Paese che sembra avere perso la propria direzione.
Come sempre Ceylan si prende tutto il tempo per raccontare con dovizia di dettagli e generosità di dialoghi e di immagini una storia complessa che nasconde più strati di quanto la sua superficie apparentemente semplice lasci sospettare (e di quanto la censura turca autorizzi). La sua narrazione dolente crea il ritratto di due figure maschili che finiscono per coincidere nel loro essere irreprensibilmente romantiche, e per questo così poco adatte ad un mondo sempre più volto al concreto. (mymovies)