Un anno, una notte

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Ven 25/11 ore 20.30
Sab 26/11 ore 20.30
Dom 27/11 ore 17 30
Lun 28/11 ore 20.30 VOS

Un film di Isaki Lacuesta. Con Nahuel Pérez Biscayart, Noémie Merlant, Quim Gutiérrez, Alba Guilera.
Drammatico, durata 120 min. – Spagna 2022.

“Un nuovo inizio che non finisce mai, una fine che ricomincia ogni giorno. Un film denso sull’impotenza di rappresentare lo smarrimento.”

Ramón e Céline, lui spagnolo, lei francese, sono sopravvissuti all’attacco terroristico al teatro Bataclan di Parigi, la sera del 13 novembre 2015. Da allora la loro vita non è più la stessa, entrambi vivono il trauma a proprio modo e occupano mondi differenti. Ramón, ferito e scioccato, cambia vita, lascia il lavoro, va in terapia, si dedica all’insegnamento, sa di non poter dimenticare; Céline, invece, va avanti, continua nel suo lavoro di assistente sociale, sostiene il suo compagno ma alla lunga crolla anche lei. Come possono, Ramón e Céline, tornare a parlarsi e capirsi, a vivere insieme nonostante tutto?
Ramón e Céline, i protagonisti di Un anno, una notte, che portano gli stessi nomi di chi l’orrore del Bataclan l’ha visto negli occhi e ha avuto la fortuna di poterlo raccontare, sono due sopravvissuti: la loro vita è bloccata a quella sera, in quella sala da concerto trasformata in mattatoio, dove dieci minuti sono valsi una vita intera, ogni ambiente è diventato una trappola, ogni notte un anno, ogni anno una notte.
Chiusi nel loro appartamento di Parigi vivono braccati dalla loro stessa immagine e da ciò che li circonda. In strada sono sorpresi dai riflessi nelle vetrine, dalle strade che si aprono alle loro spalle, dalla pioggia che cade copiosa. Avvolti nella carta stagnola che la polizia ha dato loro per scaldarsi nella notte di novembre, all’inizio del film attraversano la città come fantasmi; o meglio come alieni – alieni a sé stessi e a tutti gli altri vestiti come loro, sopravvissuti come loro.
Un anno, una notte mostra come gli attacchi terroristici di Parigi abbiano prima di tutto modificato la percezione della città, che da luogo di condivisione è diventato un luogo minaccioso. Per strada Céline e Ramon si guardano sempre attorno, mentre nella loro casa la macchina da presa li scruta da vicino, passando in rassegna i loro corpi quasi con stupore. Come se fossero l’involucro di una nuova vita. La stessa città è vista da una prospettiva diversa, filmata attraverso scorci, mai vista interamente, anch’essa aliena alla propria immagine tradizionale. A dover essere ridefinita è del resto la Francia stessa, come dice Céline durante una lite con Ramón, che invece è straniero e si sente a parte come i ragazzi della casa d’accoglienza in cui la stessa Céline presta servizio, francese e figlia di immigrati, senza famiglia e senza prospettive.
E laddove lo spazio è definitivamente mutato, anche il tempo in Un anno, una notte non ha una direzione. Il montaggio è sconnesso, arbitrario, passa senza distinzione dalla serenità del passato alla paura del Bataclan e del presente. Il procedimento è simile a quello scelto da Mathieu Amalric in Stringimi forte (altro film dedicato all’elaborazione di un trauma), ma meno radicale, più impressionista e forse più irrisolto.
La vicinanza ai corpi scelta da Isaki Lacuesta come soluzione di messinscena rende bene lo stato di soffocamento interiore di Ramón e Céline, la paradossale cecità di chi ha visto tutto e non sa più vedere nulla (lui dice di avere sempre di fronte a sé il volto di uno degli attentatori, lei di ciò che vide mentre usciva dal locale): anche per questo, però, nelle oltre due ore di durata, il film finisce per saturare le proprie immagini, faticando a gestire una materia narrativa carica di dolore, di ansia, d’insofferenza e immergendo nell’ambiguità anche la svolta narrativa che potrebbe rimettere tutto in discussione.
Mostrando il caos interiore dei due protagonisti (magnificamente interpretati da Nahuel Pérez Biscayart e Noémie Merlant), il film quasi riconosce la propria impotenza; l’impossibilità, cioè, di rappresentare lo smarrimento se non attraverso l’accumulo di dettagli, di particolari insignificanti che diventano decisivi (la polvere che si solleva dal pavimento del Bataclan, effetto del vapore dei cadaveri ammassati), di musiche che si sovrappongono (Monteverdi, l’heavy metal, le composizioni sperimentali di Ramón) e trasmettono uno stato di tensione irrisolta, un nuovo inizio che non finisce mai, una fine che ricomincia ogni giorno. (MYmovies)